Appropriazione Indebita del Promotore finanziario

Ha patteggiato a 3 anni di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche, il promotore finanziario accusato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), truffa (art. 640 c.p.), falsità materiale (art. 482 c.p.) e calunnia (art. 368 c.p.) per essersi impossessato della somma complessiva di circa un milione di euro, consegnatagli dai propri clienti, anche avvalendosi di artifizi e raggiri.

Questa volta a perpetrare la ruberia non è una grossa azienda, ma un singolo promotore finanziario, che nel 2007 comincia a promuovere la propria attività di intermediazione, proponendo agli ignari risparmiatori l’acquisto di fantomatici pacchetti di investimento, prodotti finanziari a rendimento sicuro, tassi di interesse nettamente superiori alla media ed incrementi di capitale decisamente vantaggiosi.

Appropriazione Indebita investimenti finanziari

Sin dal primo momento, le promesse dell’imputato solleticano la curiosità dei risparmiatori parmigiani, che cominciano ad assaporare la possibilità di ottenere rendite stabili ed accrescere i propri risparmi in un periodo storico economicamente difficile, soprattutto sul fronte degli investimenti.

Ecco, allora, che il successo non tarda ad esplodere per l’agente truffaldino, che mostrandosi leale ed affidabile, determinato nei propri obiettivi e competente nel proprio lavoro, sempre disponibile ai chiarimenti e sempre positivo sulle prospettive di rendimento, riesce a conquistare la fiducia di investitori di vario genere e tipo.

In circa tre anni sono circa una ventina le persone, tra giovani e anziani o addirittura intere famiglie, che speranzose consegnano nelle sue mani migliaia di euro ed, in alcuni casi, l’accesso diretto ai conti correnti e i codici di entrata di home banking, consentendo al soggetto di compiere indisturbato operazioni di cassa anche per grosse somme, consentendogli prelievi cui non sono mai seguiti depositi.

È quindi nel 2010 che le reali intenzioni cominciano a palesarsi: alcune persone, infatti, si accorgono delle diminuzioni costanti delle proprie disponibilità sui conti correnti e quindi cercano di mettersi in contatto con il promotore per avere delle delucidazioni.

Questa volta però egli è tutt’altro che disponibile ed, anzi, si rende irreperibile negandosi sia al telefono che presso il proprio domicilio.

Sottrazione di somme dal conto corrente

Le indagini, quindi, partono proprio dalle decine di denunce approdate alle Procura della Repubblica da parte di chi ha visto sparire prima i propri soldi e poi anche colui che li custodiva.

Ne è emerso uno spaccato sconcertante, soprattutto perché la condotta truffaldina è stata grandemente agevolata dalla fiducia che i risparmiatori riponevano nella sua lealtà, al punto da consentirgli libero accesso ai propri conti correnti e da girare direttamente al suo conto personale le somme da investire.

Sottrazione Somme da parte del Promotore Finanziario

Il promotore, allora, ha sottratto direttamente le somme senza peraltro dare alcuna spiegazione immediata, ma trincerandosi piuttosto dietro la propria qualifica di promotore finanziario , evidentemente sufficiente a dargli la necessaria credibilità.

Non solo. Dall’incrocio delle dichiarazioni rese dai soggetti coinvolti con i dati contabili è emerso che la condotta fraudolenta non di rado si articolava in artifizi anche più complessi attraverso operazioni volte al raggiro ed all’appropriazione.

Anzitutto, del tutto anomalo era il versamento delle somme direttamente sul conto corrente personale del promotore finanziario, ponendo all’incasso assegni o consegnati direttamente nelle sue mani dai clienti, o compilati da lui stesso in tutte le parti, compresa la firma del cliente che veniva accuratamente falsificata. Le indagini hanno ricostruito anche alcuni episodi specifici, tra i quali spicca il tentativo di ottenere il pagamento di una polizza assicurativa di un cliente, falsificando la firma di un parente dell’intestatario per l’incasso di 10.200 euro,  ed il pagamento di due orologi in una gioielleria, nel gennaio 2011, mediante un assegno poi rivelatosi scoperto.

Oltretutto, la movimentazione frenetica di danaro ha procurato al promotore truffaldino anche un’accusa di calunnia, dal momento che, lo spostamento di danaro tra due conti correnti diversi, ha insospettito il correntista che si è visto improvvisamente impoverite le proprie sostanze e, informatosi sul destinatario delle somme, lo ha informato che avrebbe provveduto a querelarlo per l’ingiusto arricchimento conseguito.

Richiesta di Rinvio a Giudizio Promotore Finanziario

Ad ogni modo, una volta scoperte le menzogne e gli artifizi posti in essere dall’indagato, costui è stato raggiunto dalla richiesta di rinvio a giudizio della Procura , con l’accusa di appropriazione indebita per una somma complessiva pari ad euro 958mila, da dividere tra una ventina di clienti letteralmente prosciugati nei propri risparmi.

La vicenda si è conclusa con l’applicazione della pena di anni 3 di reclusione su accordo delle parti ex art. 444 c.p.p. (patteggiamento) con una soluzione comoda per il condannato.

Patteggiamento per Appropriazione indebita

La scelta del patteggiamento deve senz’altro ritenersi, sotto tale profilo, vantaggiosa per l’imputato: infatti, dinnanzi ad una possibilità prossima alla certezza di giungere ad una sentenza di condanna ex art. 533 c.p.p. (considerando la pluralità di dichiarazioni testimoniali e di prove documentali tutte convergenti verso la medesima ricostruzione del fatto storico), la difesa ha giustamente optato per l’applicazione di una pena che consentisse l’accesso alle misure alternative alla detenzione.

Se però è comprensibile la scelta della difesa, altrettanto non può dirsi con riferimento a quella della pubblica accusa e, conseguentemente, dell’Autorità giudicante che, applicando il vincolo della continuazione di cui all’art. 81 c.p. e le attenuanti generiche ex art. 62 bis, giunge ad applicare una pena che, se da un lato si rivela iniqua, sotto il profilo della lesione dei diritti delle parti civili costituite, dall’altra pare anche computata in modo irragionevole.

Senza voler discutere circa la quantità di pena comminata, giacché si vuole accogliere il principio per cui l’effettività della pena è garantita dalla sua proporzionalità (cfr. Dei delitti e delle pene, Cesare Beccaria), non vi è dubbio che la scelta di considerare le attenuanti generiche come prevalenti rispetto alle aggravanti contestate pare invero eccessiva.

Sul punto si consideri che dal fatto storico possono considerarsi, oltre ai reati già sopra individuati, tutta una serie di aggravanti relative ai rapporti con le vittime.

Aggravanti all’Appropriazione indebita

Invero, anche solo a voler considerare il rapporto fiduciario, dimostrato dalla possibilità concessa all’agente di accedere direttamente ai conti correnti ed ai codici dell’home banking, si ritiene già applicabile l’art. 61, comma 1, n. 11 c.p. che aggrava il fatto storico qualora commesso con l’abuso di rapporti d’ufficio o comunque fiduciari. A tanto si aggiunga l’aggravante di cui all’art. 61, comma 1, n. 7, relativa al danno di rilevante entità con riferimento ai delitti contro il patrimonio. Ebbene, nel caso che oggi ci impegna non vi può essere alcun dubbio circa la configurabilità della circostanza, soprattutto laddove si consideri la condizione economica in cui le vittime versavano (si tratta invero di anziani, risparmi di famiglia e non anche di avveduti investitori).

Disegno criminoso unitario

Infine, si consideri la quantità di reati commessi, in esecuzione senz’altro di un medesimo disegno criminoso, ma comunque lesivi di una pluralità differenziata di beni giuridici. Invero, non pare configurabile alcuna ipotesi di assorbimento, dal momento che ciascuna condotta assume una propria autonoma rilevanza a prescindere dalla configurabilità delle altre fattispecie: così la calunnia o il falso non possono essere considerati come meri artifizi della truffa, ma rappresentano solo un modo in cui essa può materializzarsi, ben potendo costituire reati a sé stanti.

Per contro, riconoscere l’incensuratezza come motivo per applicare le attenuanti generiche, oltre ad essere inesatto in diritto (si osservi l’esplicita previsione dell’art. 62bis, ult. Comma, che esplicitamente esclude che la sola incensuratezza determini ex se l’applicazione dell’art. 62bis c.p.), risulta irragionevole nel caso in questione, dove l’assenza di precedenti penali non è affatto indice di una ridotta pericolosità sociale, soprattutto considerato il lasso di tempo in cui la condotta è stata perpetrata.

Risarcimento Promotore Finanziario

Ancora una volta, dunque, si pone il problema circa la posizione della persona offesa dal reato nell’ambito del procedimento penale e delle limitatissime possibilità di interagire nell’ambito dello stesso. Infatti, in casi come questo, l’unico rimedio concesso ai risparmiatori sarebbe quello di intraprendere la strada risarcitoria, in sede civilistica, con tutte le lungaggini processuali che essa implica.

Invero, non solo il processo civile è, di per sé, più difficoltoso, tenuto conto sia dell’onere della ricerca della prova, gravante sulle parti, sia delle limitazioni poste all’istituto della testimonianza, ma, d’altro canto, esso presenta in genere una durata molto più lunga rispetto al processo penale, ferma restando l’immediata esecutività della sentenza di primo grado.

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