Commette il reato di Appropriazione Indebita chiunque si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia a qualsiasi titolo il possesso, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, ex Art. 646 c.p.
Inserito fra i delitti contro il patrimonio il reato tutela la titolarità del bene nei confronti del possessore o detentore.
Presupposto è infatti la disponibilità giuridica della cosa in capo a persona diversa dal proprietario, ossia il potere di decidere autonomamente al di fuori della sfera di controllo e custodia dell’avente diritto.
Oggetto di appropriazione indebita può essere una cosa mobile, ovvero qualsiasi entità di cui sia possibile la fisica detenzione e che sia in grado di essere trasportata da un luogo ad un altro.
Vi rientra per espressa disposizione di legge il denaro, in conseguenza del fatto che anche questo, nonostante la sua ontologica fungibilità, può trasferirsi nel semplice possesso non accompagnato dalla proprietà, mentre sono esclusi i beni immobili (non amovibili), quelli immateriali, come disegni e progetti industriali non contenuti in documenti che materializzano l’idea e le res nullius.
Dolo Specifico di Appropriazione
L’elemento soggettivo che perfeziona il delitto è il dolo specifico consistente nella coscienza e volontà di appropriarsi della cosa, sapendo di agire senza averne diritto e allo scopo di ottenere una illegittima utilità.
Quanto al momento consumativo sussiste un contrasto giurisprudenziale poiché un più risalente orientamento ha ritenuto che l’evento si realizza nel luogo e nel tempo in cui la manifestazione della volontà dell’agente di fare proprio il bene posseduto giunge a conoscenza della persona offesa, mentre di recente è stata anticipata la tutela del bene giuridico al momento in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà comprese nel titolo del suo possesso.
Infine soggetto attivo può essere chiunque, non richiedendo la norma una specifica qualifica in capo all’agente con la precisazione, tuttavia, che essendo espressamente prevista “l’altruità” della cosa sottratta, non può compiere l’azione chi è proprietario della stessa.
Pena: 3 anni di reclusione
La pena prevista per l’appropriazione indebita di cosa mobile altrui è la reclusione fino a tre anni e la multa fino a euro 1032, ed è previsto un aumento se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario (art. 646, secondo comma c.p.).
Articolo 646 Codice Penale
In generale il delitto è procedibile a querela della persona offesa, tranne nell’ipotesi in cui ricorre l’aggravante del secondo comma o se il fatto è stato commesso con abuso di autorità, di relazioni domestiche, relazioni d’ufficio, prestazione d’opera, coabitazione o ospitalità (art. 61 n. 11 c.p. cui rimanda il comma 3 dell’art. 646 c.p.).
Eccetto tali circostanze le autorità possono procedere con le indagini e con l’esercizio dell’azione penale solo in presenza di un apposito e quanto più dettagliato atto di querela.
Legittimato a proporre denuncia è soltanto la vittima del reato, per cui il danneggiato che non sia allo stesso tempo il soggetto passivo, può solo esercitare l’azione civile.
Nel novero delle persone che possiedono la facoltà di denuncia si menziona il socio di società in accomandita semplice, senza che sia anche indicato il potere di rappresentanza, già conferito ex lege, ovvero di società di capitali, in cui diversamente, è necessario esplicitare tale potere rappresentativo.
Il locatore di un immobile sfrattato per morosità può proporre querela nei confronti del proprietario che si sia appropriato dell’arredamento, semplicemente deducendo il diritto di godimento, mentre se oggetto del reato è un titolo di credito, legittimato a querelare è il soggetto che ha emesso tale titolo e non il destinatario dello stesso.
Il termine per proporre querela decorre dal momento in cui la persona offesa ha avuto chiara conoscenza della definitiva volontà dell’imputato di invertire il possesso del bene.
Modi di configurazione del reato
Presupposto del delitto è il preesistente possesso della cosa da parte del soggetto attivo. Il possesso implica un potere di fatto autonomo sul bene, esercitato al di fuori della sfera di vigilanza del titolare e comprende le ipotesi di detenzione, avendo nel diritto penale un’ampia portata. Ne consegue che l’elemento materiale della appropriazione è integrato dalla c.d. interversione, consistente nel comportarsi il reo uti dominus. Viene modificata la natura del rapporto giuridico nei confronti della cosa, dando ad essa una destinazione incompatibile con il titolo detentivo ovvero mediante il rifiuto ingiustificato della restituzione.
Commette pertanto il delitto in esame chi manifesta con la propria condotta la volontà di affermare il proprio dominio sul bene mobile altrui, annettendolo proprio patrimonio e ottenere un profitto illegittimo.
Casi più ricorrenti
Diversi sono gli esempi pratici tramite i quali spiegare in che modo il detentore può rendersi responsabile della condotta appropriativa senza autorizzazione del titolare.
Il conduttore di un appartamento ha un diritto di godimento non ampio quanto quello del proprietario, che gli consente di usufruire del bene per tutta la durata del contratto.
Le cose che costituiscono l’arredo spesso sono di proprietà del locatore e quindi se il locatario asporta dall’immobile tali beni o dà agli stessi una diversa destinazione, è punibile ex art. 646 c.p. anche a prescindere da una formale richiesta di restituzione.
Altra casistica può concernere:
- l’avvocato che non restituisce al cliente la documentazione ricevuta oche ritenga somme riscosse a nome e per conto del cliente, tranne se si dimostri l’esistenza di un pregresso credito, la sua esigibilità e il suo preciso ammontare;
- l’amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di versare i contributi previdenziali per il servizio di portierato;
- l’agente assicurativo il quale si appropri delle somme percepite quali premi delle polizze assicurative e delle quote di rivalsa in danno alla compagni di assicurazione;
- la mancata restituzione del bene in leasing a seguito di la risoluzione del contratto;
- l’agente di commercio che, avendo in deposito una partita di merce, si impossessi della somma ricavata dalla vendita della stessa, traendone un ingiusto profitto a danno della società proprietaria.
Ulteriori situazioni possono riguardare i rapporti di convivenza o ospitalità, dando luogo all’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 c.p. È da precisare tuttavia che, essendo ampio il concetto di disponibilità del bene, entrambe le parti del rapporto di fiducia sono passibili del delitto di appropriazione indebita. Pertanto se si ospita un amico nella propria abitazione o si ricorre alla prestazione di un domestico che frequenta la casa del datore di lavoro, il rapporto di fiducia può venire meno per opera dell’ospitante o dell’ospitato a seconda dell’utilizzo che se ne fa della cosa altrui.
Analisi del soggetto che si appropria
La legge punisce la condotta appropriativa di chiunque, senza richiedere una qualifica particolare che, qualora esistesse, muterebbe il titolo del reato in peculato. L’unica limitazione derivante da una logica interpretazione della norma è quella secondo la quale non può essere incriminato chi è già proprietario del bene. Ne deriva che la casistica relativa al soggetto attivo del delitto è vasta e comprende tutte le ipotesi in cui il reo abbia la disponibilità giuridica della res.
Nell’ambito dei rapporti familiari è possibile che il marito/moglie distraggano l’assegno familiare per ottenere un proprio profitto, contravvenendo al vincolo giuridico sul mantenimento, attribuito per i bisogni dell’ex coniuge e dei figli.
Altre situazioni vedono responsabile il socio il quale converte in proprio profitto cose sociali di cui abbia il possesso o il cointestatario di un conto corrente bancario il quale, pur facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza consenso dei cointestatari della somma in deposito in misura eccedente la quota di sua pertinenza.
Sempre nel settore finanziario si può verificare che il direttore di banca metta a disposizione del cliente e con il di lui consenso, somme di denaro accreditando sul suo conto e pagando direttamente assegni privi di provvista, al fine di procurargli un ingiusto profitto o anche che l’incaricato ad espletare operazioni finanziarie, non restituisca la somma alla scadenza pattuita, senza essere in grado di dimostrare l’avvenuta perdita di essa nella detta operazione finanziaria per cause indipendenti alla sua volontà.
Ancora, commette appropriazione indebita il datore di lavoro quando trattiene le somme sulla retribuzione del dipendente e non le versa alle casse previdenziali.
La facilità dell’interversione del possesso
La motivazione sottostante al delitto in esame è correlata da una parte al possesso del bene, dall’altro alla prospettiva dell’ottenimento dell’utilità. Chi agisce per impossessarsi della cosa mobile altrui di cui abbia già la disponibilità, è psicologicamente facilitato nell’ottenimento del bene.
Si pensi all’ipotesi dell’affittuario che al termine del contratto porta via oggetti presenti in casa, appartenenti al proprietario dell’immobile. Egli risulta avvantaggiato rispetto al ladro vero e proprio, che avrebbe bisogno di un piano criminoso in cui stabilire come introdursi nell’abitazione e asportare le cose mobili che desidera avere.
In secondo luogo l’interesse appropriativo è giustificato dal profitto non solo di carattere patrimoniale ma anche consistente nell’acquisizione o nel mantenimento di posizioni di potere, per il tramite di strumenti illegali.
Oltre alle ipotesi di devianza individuale, in cui il reo agisce per un interesse personale, possono citarsi le situazioni collegate ad un circuito più ampio in cui agiscono le imprese e la criminalità organizzata. Gli studiosi hanno coniato il termine “crimine dei colletti bianchi” che si verifica ogniqualvolta cittadini di potere o di alto rango sociale commettano reati economici con il fine dell’accrescimento dei profitti d’impresa ovvero per aggirare in modo illecito la concorrenzialità del mercato di beni e servizi.
Casi di cronaca
In passato sono state contestate ad un cassiere di banca continuate appropriazioni indebite di denaro dalla cassa cui era preposto ritenendolo responsabile del delitto di appropriazione indebita e non di truffa commessa da chi, con artifizi o raggiri induce altri in errore con conseguente danno e proprio profitto (art. 640 c.p.). È stato infatti ritenuto che l’imputato, avendo per l’espletamento della sua funzione la materiale disponibilità del denaro, non aveva necessità di ricorrere ad artifici o raggiri per appropriarsene. L’ulteriore attività riguardante l’emissione di assegni all’ordine di apparenti prenditori con false girate di costoro, era volta a costruire una falsa documentazione allo scopo di giustificare le differenze di cassa e, pertanto, allo scopo di occultare le appropriazioni di denaro, tanto è vero che se tali artifizi si fossero rilevati idonei per occultare ai quotidiani riscontri le appropriazioni, queste avrebbero dovuto ritenersi consumate e perseguibili (Cass. 10397/89).
Oltre all’appropriazione indebita che si esaurisce nei rapporti tra i privati è necessario segnalare la commissione del delitto avente ad oggetto soldi pubblici, detratti per sé e mal gestiti dalle società pubbliche detentrici, dai loro dirigenti e politici in genere. Le notizie di tale specie suscitano sempre scalpore e sdegno tra l’opinione pubblica, sempre meno fiduciosa nelle autorità, soprattutto in un periodo di crisi in cui il denaro scarseggia e si spera che la parte del risparmio destinata obbligatoriamente allo Stato per tasse e imposte, sia sempre speso per il bene collettivo.
Ridondante è stato il caso che ha visto coinvolti gli esponenti della Lega Nord, scoperti ad utilizzare i fondi del partito per spese personali. L’accusa è stata proprio quella di appropriazione indebita di oltre mezzo milione di euro di soldi pubblici (ottenuti con rimborsi elettorali) utilizzati per pagare spese proprie come multe, diploma di laurea, lavori in casa ed indumenti.
